È un luogo che non ti aspetti, lontano dall’immagine di una Sicilia fatta di soli cannoli e fichi d’india: il rifugio della Sperlinga è il secondo riparo preistorico in Sicilia risalente al Mesolitico, un luogo magico immerso nella natura rigogliosa.
Si tratta di alcuni spuntoni rocciosi che creano grotte e anfratti naturali utilizzati dall’uomo preistorico come riparo durante i periodi di caccia. Raggiungere questa meraviglia del passato è molto semplice: in auto fino a San Basilio, a circa cinque chilometri da Novara di Sicilia, e poi a piedi su un sentiero un po’ scosceso ma facilmente percorribile in tenuta da trekking. Insomma, una piacevole passeggiata immersi tra querce e siepi di ginestra poco distante dai nostri “Cammini dei tre fiumi”.
Con poca fatica e dopo qualche minuto di cammino si giungerà a uno dei ripari scoperti, dove è possibile ammirare dei graffiti, una serie di linee che potrebbero rappresentare un vero e proprio calendario dell’uomo preistorico.
Questo sito archeologico è particolarmente importante a livello storico e culturale, è infatti uno dei due ripari del Mesolitico scoperti finora in Sicilia, l’altro è la grotta Corruggi di Pachino, in provincia di Siracusa.
L’esistenza del riparo della Sperlinga fu segnalata nel 1942 ma è solo qualche anno dopo che l’archeologo Bernabò Brea fece i primi scavi portando alla luce non solo il riparo ma anche una notevole quantità di ceramica, tipica delle fasi finali della cultura di Diana, frammenti di ciotole, scodelle e tazze del Neolitico ma anche strumenti litici cioè oggetti rudimentali di pietra utilizzati dagli ominidi. Oggi questi reperti sono esposti nel Museo Archeologico di Lipari, una delle “sette sorelle” cioè le isole che compongono l’arcipelago delle Eolie.
Oltre a questi preziosi oggetti, il ritrovamento di scheletri di animali come cinghiali, cervi, gatti e asini selvatici ha fatto luce sulla tipologia di fauna che caratterizzava il territorio.
Insomma, un luogo prezioso ancora avvolto nel mistero con tante storie da raccontare. E chissà che in futuro non ci siano nuovi studi a illuminarci.